E’ la madre
la persona più indicata per trasmettere al bambino la forza e il desiderio di vivere, senza i quali il neonato rischia in ogni momento di lasciarsi andare e di abbandonarci […]
– Jean-pierre Relier
Una donna che scopre di aspettare un bambino si trova ad affrontare vissuti complessi, che variano da persona a persona in base alla sua storia, alla sua personalità e alla sua soggettività. Sicuramente questo periodo è vissuto come una “crisi evolutiva” che porta la donna a porsi domande e a rielaborare il suo passato, attivando vissuti inconsci in relazione con la propria madre e col sé bambina.
Secondo la psicoanalista americana Grete L. Bibring, questa crisi è necessaria per passare ad un nuovo stato di vita, dove la rielaborazione del passato permette il passaggio ad una progettazione futura. Questo processo è strettamente collegato al modo in cui la madre vivrà la sua gravidanza e successivamente allo stile materno che adotterà per accudire il figlio.
Madre si diventa
In Madri si diventa, lo psicoanalista italiano Massimo Ammaniti evidenzia diversi stili materni, nei quali le madri costruiscono la propria identità e i quali avrebbero una funzione predittiva sullo stile di accudimento che la donna avrà col suo bambino.
Ne definisce tre:
- madre integrata, la quale trasformerà il suo assetto abituale in funzione della gravidanza e la vivrà come un’esperienza arricchente e di evoluzione personale;
- madre ambivalente o non integrata, nella quale convivono vissuti ambivalenti come la paura e la voglia di diventare madre, per questo fa fatica ad adattarsi al cambiamento;
- madre ristretta, la quale vive la gravidanza come un’esperienza di passaggio, di non coinvolgimento, pronta a continuare la sua vita lavorativa e sociale di prima. Non c’è investimento affettivo ed elaborazione di un pensiero verso il bambino.
La gravidanza psicologica
Alla gravidanza che fisiologicamente procede, si affianca quindi anche una gravidanza psicologica che richiede la creazione di uno “spazio mentale” nel quale la donna è capace di vedersi madre e di pensare al bambino (Flore, slide del Master Educatore Perinatale, 2021).
Come afferma lo psicologo americano Danierl Stern in Nascita di una madre (1999), durante la gravidanza avvengono contemporaneamente tre processi: il feto si sviluppa, nella mente della madre prende forma l’idea della propria maternità e si struttura anche l’immagine del proprio bambino, il bambino immaginario. Accanto a questi pensieri ci sono anche le fantasie su come sarà il futuro padre, i futuri nonni e come si intrecceranno i rapporti all’interno della famiglia.
Stern definisce la mente della mamma come:
un vero e proprio laboratorio dove il futuro viene assemblato e poi rifatto daccapo […]
Dopo il terzo mese
Il modo in cui le donne immaginano il loro bambino influenzerà non solo il loro matrimonio, ma anche lo stile di vita e il modo di pensare (Imbasciati, Dabrassi, Cena, 2007).
Affinché la donna si prepari a diventare madre, questo processo di pensiero e di rielaborazione è fondamentale durante la gravidanza. La fantasia sul bambino immaginario inizia tendenzialmente dopo il terzo mese, quando i medici confermano il normale proseguimento della gravidanza.
Dal quarto mese con i movimenti del bambino e le immagini dell’ecografia la madre dà libero corso alle proprie fantasie, delineando un’immagine visiva e anche caratteriale, suggerita dai movimenti del bambino.
Tra l’ottavo e il nono mese, istintivamente la madre tende a distaccarsi dal bambino immaginario, perché saprà che presto incontrerà il bambino reale, che dovrà essere protetto dalle discrepanze tra le aspettative e la realtà (Stern, 1999).
di Elisabetta Mancuso