La prima rete di supporto in termini di vicinanza è costituita dalle persone che già circondano i neogenitori e con i quali hanno una relazione paritaria, di parentela, di amicizia, di conoscenza. Sono i compagni di vita, la propria famiglia stretta e allargata, la propria cerchia di amici, colleghi, conoscenti, con cui si condivide la gioia e la fatica dell’arrivo di un figlio.
È la base da cui si parte e che, se opportunamente informata ed empatica, può offrire in particolar modo sostegno pratico ed emotivo.
Ha il vantaggio di essere già presente nella vita della persona o della coppia e di poter agire fin da subito, senza attendere l’emergere di problematiche più importanti ma anzi prevenendole.
Il sostegno del partner: prima, durante e dopo la nascita
Il sostegno offerto dal partner, ossia la persona che condivide con la donna la vita e l’esperienza della genitorialità, non ha paragoni con gli altri generi di assistenza.
Il perché è facilmente intuibile: in quanto esseri umani traiamo maggior vantaggio dalla relazione interpersonale, dal supporto personalizzato che deriva da una conoscenza più profonda dei propri bisogni e desideri, e nell’intimità di un rapporto stretto e esclusivo tendiamo ad abbassare le difese, a fidarci, ad abbandonarci.
Nel processo della nascita la fiducia e l’intimità sono ingredienti fondamentali: spesso si sottovaluta l’aspetto emotivo, complice la medicalizzazione della gravidanza e del parto, che mettono maggiormente l’accento sul corpo e meno sui meccanismi psico-emotivi che guidano la fisiologia. Il risultato di questa mentalità è anche l’esclusione voluta o accidentale del padre dai corsi di accompagnamento alla nascita, nei quali sono idealmente i benvenuti, senza però tener conto che orari e contesti spesso non agevolino la loro partecipazione, e durante travaglio e parto, momento cruciale per la loro storia personale e genitoriale, ma nel quale ancora non hanno trovato un ruolo, o meglio non sono supportati nella ricerca del loro posto fisico e esistenziale all’interno dell’evento nascita.
Eppure il ruolo del partner non può e non deve essere sottovalutato, in primis dagli operatori e poi dalla società, per la sua funzione di promozione di salute. Il supporto del compagno prima, durante e dopo il parto è un fattore di protezione sia per il benessere fisico che psicologico della donna; il sostegno emotivo e strumentale offerto da una persona familiare e con cui si è stretto un legame affettivo ha come risultato minori problematiche fisiche durante il travaglio e il parto – perché l’organismo materno, in un clima di fiducia e intimità, può assopire la parte razionale e attivare invece le sue competenze istintive – e minori disagi mentali nel periodo post-partum.
La nascita di un figlio e i nuovi equilibri familiari
Dopo la nascita di un figlio gli equilibri familiari devono cambiare e adattarsi, anche dal punto di vista della gestione pratica della casa e degli altri componenti della famiglia. Spesso il livello di collaborazione domestica anche prima dell’arrivo di un neonato non è ideale e il carico delle faccende domestiche, inteso anche come carico mentale, pesa sulla donna. Già durante la gravidanza e necessariamente dopo il parto la madre non può occuparsi di tutto, senza che venga minata la sua salute fisica e psicologica. E anche nei casi virtuosi, sempre più numerosi rispetto al passato, in cui il lavoro domestico è equamente distribuito tra i componenti della famiglia, durante il puerperio si deve ridimensionare il contributo materno ai compiti casalinghi.
È fondamentale discutere prima della nascita della ridistribuzione del lavoro domestico, senza dare nulla per scontato.
Prima di diventare genitori è difficile avere un quadro sufficientemente realistico e la tendenza è di affrontare il momento quando arriverà, senza una vera preparazione: questo avviene perché prima dell’arrivo di un bambino la donna è concentrata principalmente sull’evento parto, fonte di timore e tensione, percepito come lo scoglio maggiore da oltrepassare. La preparazione del dopo nascita è più pratica che emotiva, tramite l’acquisto di oggetti per il bambino e la predisposizione degli ambienti, entrambi atteggiamenti favoriti dalla “sindrome del nido” che sperimentano le donne alla fine della gravidanza e incentivati dalla cultura consumistica.
Nei primi mesi però un neonato ha bisogno di ben poche cose materiali, se si escludono i necessari pannolini e poco altro, e tutto ciò che davvero gli occorre lo trova in sua madre: nutrimento, calore, contatto, rassicurazione, riposo. Ad avere esigenze più complesse sono invece i genitori e le neomamme in particolare, che tendono però ad aspettarsi sufficiente sostegno da parte del partner e dei familiari senza chiederlo espressamente, venendo poi deluse dalla realtà dei fatti. Lavorare sulle aspettative permette alla donna di ricevere il supporto atteso – prevenendo problematiche fisiche e psicologiche – e al neo papà di poter realmente agevolare la compagna nel suo recupero dopo il parto (R. Negron, A. Martin, M. Almog, A. Balbierz, E.A. Howell, Social support during the postpartum period: Mothers’ views on needs, expectations and mobilization of support)
Le famiglie d’origine: il welfare dei nonni
Come abbiamo potuto già affrontare nelle pagine precedenti, il ruolo della famiglia intorno alla nascita è stato storicamente fondamentale, sia dal punto di vista pratico che emotivo e relazionale. Attraverso le generazioni passavano le competenze teoriche e manuali sul processo della gravidanza e del parto e naturalmente anche del dopo parto e della cura del neonato. Le tradizioni familiari e la cultura avevano un’importanza primaria, nel bene e nel male, anche a discapito delle conoscenze scientifiche.
Nella nostra epoca, anche con le dovute differenze, la famiglia d’origine continua a ricoprire un ruolo determinante. I genitori, divenuti nonni, sono spesso l’unico o il più semplice strumento di welfare disponibile: in pensione ma ancora attivi, entusiasti di passare del tempo con i nipoti e di dare una mano concreta ai propri figli nella gestione della famiglia.
Tuttavia la realtà non è sempre così idilliaca, perché una coppia potrebbe avere ancora tutti i genitori in età da lavoro, o avere la famiglia lontana dal luogo in cui vive, oppure avere genitori molto anziani o già deceduti. Anche quando presenti e disponibili, i nonni potrebbero non essere la soluzione migliore, per differenza di vedute in fatto di educazione dei bambini o per attriti familiari precedenti alla nascita dei nipoti. Insomma, il sostegno fornito dalla propria famiglia può essere un aiuto imprescindibile, senza il quale sarebbe ancora più difficile destreggiarsi nella vita da genitori, oppure occasione di disagio e fonte di problemi maggiori.
Il rapporto coi propri genitori, quando si diventa a propria volta madre o padre, può subire un cambiamento, anche semplicemente per il fatto che la genitorialità induce a riflettere sulla propria esperienza di figli, ponendo davanti la scelta di prendere come esempio positivo il modello materno o paterno o al contrario il desiderio di discostarsene e provare ad essere un genitore completamente diverso. La gravidanza per la donna è anche il momento in cui ci si interroga e si tende a fare i conti con il proprio vissuto filiale, si percepisce diversamente il ruolo della propria madre e si può aver bisogno di tornare a lei come figlia prima di diventare mamma. Questo processo può essere doloroso per le donne che hanno perso la madre o per chi ha un rapporto complesso con la propria famiglia d’origine.
Amici, colleghi, conoscenti: la rete prima di diventare genitori
Si diventa genitori per la prima volta ad un’età molto più elevata rispetto al passato: secondo l’ultimo report dell’Istituto Nazionale di Statistica le primipare hanno una media di 31,3 anni. Di conseguenza la futura coppia genitoriale sia insieme che separatamente ha una propria rete sociale precedentemente formata, composta da amici, colleghi, conoscenti, parenti dell’una e dell’altra famiglia. Ogni persona crea una rete di relazioni in base alle esigenze della fase di vita che sta attraversando e nel momento in cui avvengono grossi cambiamenti si può sentire la necessità di variare e cercare nuovi gruppi e nuove conoscenze più adatte al presente. La genitorialità è uno degli eventi di trasformazione di ritmi, bisogni e priorità più evidenti: l’arrivo di un bambino richiede un rimodellamento del proprio stile di vita, che coinvolge il lavoro, le relazioni interpersonali, il tempo libero personale e di coppia, la gestione della casa e della famiglia.
La rete sociale con cui si condividevano ideali e modi di essere e di fare potrebbe perciò rivelarsi non adatta a un neogenitore e creare due possibili problematiche: da una parte l’incomprensione e il mancato sostegno, per via delle diverse esigenze, dall’altra la necessità di creare, magari da zero, relazioni adeguate per confrontarsi e passare il proprio tempo secondo ritmi più affini. Non è comune, infatti, che nel gruppo di pari siano presenti sia genitori che coppie o persone che non hanno figli, soprattutto se si parla di gruppi di giovani o giovani adulti.
Se l’età media, come abbiamo visto, è di circa 31 anni per il primo figlio e la natalità generale è sempre più bassa (secondo il report ISTAT i nuovi nati nel 2019 sono 420.084, quasi 20 mila in meno rispetto all’anno precedente) significa che una giovane donna può essere la prima o l’unica a diventare madre nella sua cerchia di conoscenze. Ne consegue che, da neomamma, potrebbe non ricevere il sostegno che si aspetterebbe dalle persone che la circondano, non necessariamente perché la sua rete non era valida, ma perché non è culturalmente capace di comprendere e provvedere ai bisogni di una fase della vita che non conosce.
Ci si aspetta, anche in buona fede, che i neogenitori, dopo la nascita, ritornino alla vita precedente, con l’unica differenza di una carrozzina con un neonato dentro; questo pensiero, ancora molto comune, dipende essenzialmente dalla scarsa conoscenza del periodo perinatale, sia nei riguardi della donna che del bambino, che del resto della famiglia appena nata.
Specialmente i primi mesi dopo la nascita di un figlio sono momenti di ridefinizione del ritmo familiare e del proprio ruolo genitoriale, e per gestire al meglio i cambiamenti è necessario avere accanto persone che comprendono e offrono il loro aiuto. Capire chi, nell’attuale rete sociale, ha la sensibilità e la possibilità di dare una mano spontaneamente o a richiesta è un enorme vantaggio per un neogenitore: poter contare su persone conosciute e fidate che portino un pasto caldo nelle prime settimane dopo il parto, che vengano in visita per aiutare concretamente con le faccende di casa o con gli altri bambini e non come ospiti da servire, che capiscano quando è il momento di esserci, anche solo per una chiacchiera, e quando invece è il momento di andar via e lasciare alla neo famiglia la sua intimità.
Di Stefania Zucca
Fonti:
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S.J. Davies, J.A.G Lum, H. Skouteris, L.K. Byrne, M.J. Hayden, Cognitive impairment during pregnancy: A meta-analysis, in Medical Journal of Australia, 2018
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Maria Teresa Mara Francese, Tradizioni alimentari nel parto e nel puerperio, in Atti del X Congresso Nazionale AISEA Cibo e alimentazione. Tradizione, simboli, saperi. Roma, 5,6,7 luglio 2006
D.K. Gjerdingen, D.G. Froberg, P. Fontaine, The effects of social support on women’s health during pregnancy, labor and delivery, and the postpartum period in Family medicine, 1991
R. Negron, A. Martin, M. Almog, A. Balbierz, E.A. Howell, Social support during the postpartum period: Mothers’ views on needs, expectations and mobilization of support, in Maternal and child health journal, 2013
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Perinatal Mental Health: Review of Evidence and Provision in Scotland, 2020