L’allattamento al seno è indubbiamente un facilitatore delle interazioni perché attiva più canali comunicativi: tattili, propriocettivi, gustativi, olfattivi (il sapore e l’odore della pelle della propria madre) termici (il calore del corpo materno) vestibolari, (il dondolio) motori, viscerali e visivi, che consentono una plurima stimolazione tattile e percettiva nel neonato, con una organizzazione e primitiva elaborazione mentale. Questa mobilitazione si traduce in una comunicazione che sta all’origine della costruzione della mente neonatale.

Puerperio e possibili difficoltà

Le prime settimane successive al parto poi sono le più fondamentali e impegnative per imparare a sintonizzarsi sui segnali del bambino, ad accogliere i suoi bisogni e a soddisfarli, simile a uno stato simbiosi funzionale a favorire e a garantire inoltre il legame di attaccamento su base sicura. 

Affinché questo si realizzi è importante che la madre si dedichi prevalentemente a osservare il proprio bambino in una modalità non passiva per creare quel clima emotivo favorevole al proseguimento della relazione.
Può succedere però, nonostante il forte desiderio di allattare, l’impegno e la buona volontà, che qualche mamma incontri delle difficoltà sia all’inizio che durante il periodo dell’allattamento. 

Questo può essere dovuto a molteplici fattori: scarsa informazione, false credenze come quella di “rovinare l’estetica del proprio seno”, e altri fattori più complessi connessi alla fantasia che si è strutturata in ogni singola donna, e che si concretizzano nel rifiuto di allattare o nel pensiero che forse potrebbe esserci un problema di scarsità o assenza secrezione lattea. 

Inoltre queste dinamiche hanno anche le loro origini nell’infanzia della madre e rimandano alla trasmissione transgenerazionale delle modalità di accudimento materno. La donna che concepisce un bimbo, lo sente crescere dentro di lei durante il periodo dei nove mesi della gravidanza, lo partorisce e poi lo allatta, mette in atto nei suoi comportamenti relazionali le proprie strutture mentali primitive, quelle che si erano formate quando era bambina e veniva accudita dalla sua mamma . 

Una madre che allatta mobilita la sua struttura psichica primaria 

Una madre che allatta mobilita la sua struttura psichica primaria perché le emozioni del contatto ravvicinato con il bimbo sollecitano anche in lei sensazioni primarie che appartengono alla sua memoria preverbale, implicita di quando era bambina e veniva allattata o meno dalla sua mamma. 

L’attivazione di queste strutture primarie nella madre si esprime mediante la fisiologia del suo corpo attraverso le variazioni termiche, il ritmo cardiaco, respiratorio, la sua secrezione lattea, i suoi odori. Queste manifestazioni umorali e corporee sono messaggi che costituiscono la comunicazione non verbale materna e attivano le nascenti strutture mentali del bimbo. 

Cambiamenti e sbalzi ormonali

E’ un periodo per di più, soprattutto questo iniziale, di cambiamenti densi di emozioni per la coppia che vanno di pari passo a sbalzi ormonali della madre: la stanchezza, la mancanza di riposo, la novità, la paura di sbagliare spesso possono scoraggiare. Inoltre l’allattamento potrebbe essere caratterizzato dalle sue piccole particolarità da gestire, come forte dipendenza, tempi lunghi a volte passati nella stessa posizione e spazi che possono impedire di compiere altre attività dell’ultimo minuto come uscire di casa senza il neonato.
Le tanto diverse quanto naturali attitudini del neonato potrebbero intimorire la madre rischiando di trascinare la coppia madre-bambino in un dialogo fallato poiché disturbato da rumori di fondo. Così, l’allattamento ha tutte le possibilità di essere fonte di ricchezza e di stimolo per i due partner quando soddisfa desideri e calma timori. Al contrario, laddove esso conferma le paure o determina delle delusioni, rischia di divenire un comportamento ripetitivo sempre più patologico e carico di ansia. 

Il rischio della depressione post-partum

Tutto ciò incrementa, inevitabilmente, nel mamma livelli di stress e di ansia che favoriscono l’insorgenza di patologia depressiva post-partum (baby blues) e impedendo lo sviluppo di un positive parenting; inoltre, diventano sempre meno frequenti i momenti di condivisione con il papà del bambino. 

In determinate circostanze oltretutto la madre per via di insicurezze può essere influenzata, non sempre positivamente, dalla società e dall’ambiente familiare che la circonda. Falsi miti e cliché, proposti da istruzioni e suggerimenti errati, possono, infatti, far perdere di vista alla mamma i segnali che vengono dal bambino spaventandola per un’eventuale avidità, una suzione lenta e interrotta del piccolo o per ciò che discosta da “come dovrebbe essere”. 

Nella nostra società è comune la tendenza a mettere in dubbio le potenzialità della donna di nutrire il suo bambino: le si chiede se ha abbastanza latte, se è “buono” e se è nutriente.

In particolare, i normali comportamenti del bambino, primo tra tutti il bisogno di poppare spesso, vengono interpretati come segnali di qualcosa che non va nel latte della mamma.

Se il contesto è poco incoraggiante, poi, anche la più determinata delle madri rischia di andare in crisi, soprattutto se l’allattamento stenta ad avviarsi e si presenta qualche difficoltà iniziale. 

Il ruolo centrale del papà nell’allattamento

Durante l’allattamento la presenza dei nonni o di fratelli, è certamente un valore aggiunto, come avere la possibilità di appoggiarsi su una rete di sostegno o di confrontarsi con altre mamme può essere di grande aiuto.
Ma è il padre ad avere un ruolo centrale nella protezione della relazione madre bambino durante l’allattamento, sia in termini pratici e concreti, sia in termini emotivi, comunicando protezione e fiducia alla propria compagna. In queste situazioni il padre diventa una figura fondamentale, che può davvero fare la differenza. 

Un neopapà ben informato, che ricorda alla sua compagna di possedere tutte le carte in regola per nutrire al meglio il proprio bambino, che la rassicura nei momenti di sconforto, che la incoraggia dicendole che supereranno ogni ostacolo insieme, può letteralmente “salvare” l’allattamento. Se la mamma sa di non essere sola, e che il neopapà crede in lei, se eventuali difficoltà con le poppate non sono un suo problema ma una faccenda di famiglia, la stanchezza e i dubbi diventano subito meno pesanti. 

In attenta considerazione perciò bisognerebbe sempre tenere anche il supporto che può provenire dai padri. Un papà premuroso e collaborante nella gestione domestica, può supportare e consentire alla propria compagna di dedicarsi in modo più sereno e tranquillo all’allattamento, favorendo il rafforzarsi dell’intesa di coppia e la relazione padre-bambino.

I gesti dell’accudimento

In particolari condizioni che potrebbero presentarsi il bimbo potrà ad esempio trovare maggiore intesa nello scambio comunicativo quando sarà a contatto con il padre, che potrà supportare così una comunicazione per offrire al neonato uno scambio interattivo sintonico e attraverso un dialogo di sguardi e di posture può offrire al lattante una condizione comunicativa globalmente efficace. 

L’importanza della figura paterna, quindi, è fondamentale ed è un ruolo da non sottovalutare affatto, di sostegno e cura verso madre e bambino.
Ovviamente ci sono molti aspetti pratici per i quali i padri possono essere parte attiva della nascita e crescita della nuova triade, aspetti che inevitabilmente interessano tutti non solo la donna: appena nati buona parte della giornata è trascorsa allattando e questo può non lasciare spazio ad altro, perciò per il padre partecipare attivamente alla gestione della casa significa esserci, collaborare, costruire la quotidianità e accogliere i bisogni della vita familiare. 

Una volta assodato che il papà ha un suo ruolo specifico nella buona riuscita dellʼallattamento, non possiamo trascurare gli altri gesti che fanno parte dellʼaccudimento di un bambino piccolo e che allʼuomo non sono affatto preclusi. Perché un padre non ha necessariamente bisogno di nutrire il suo bambino, per creare con lui un forte legame di affetto; piuttosto può tenerlo in braccio, cullarlo, cantare, raccontare, tranquillizzarlo se diventa inquieto prima della poppata. Prendersi cura di un bebè perciò non significa solo nutrirlo.

Il bambino ha bisogno di contatto, di sentirsi protetto, di sguardi e di voce, e anche le braccia del papà sono perfette per soddisfare queste esigenze.

Ogni padre può coltivare il suo specialissimo rapporto con il proprio bambino, e questo legame sarà un dono prezioso per entrambi. 

Mamma e papà insieme a sostegno delle esigenze del bambino

Uno dei modi migliori per aiutare un bambino a costruire un forte legame di attaccamento con i genitori consiste nel rispondere alle sue esigenze. Il bambino ha bisogno di sapere che sia la mamma sia il papà rispettano le sue esigenze. Portare il bimbo alla mamma quando si vede che ha bisogno di poppare per esempio consente al legame del bambino con il suo papà di rafforzarsi proprio nella misura in cui si sente sicuro del suo legame con la mamma. 

Il sostegno fattivo del padre può essere di grandissimo aiuto per far funzionare bene il rapporto madre-bambino durante l’allattamento: il padre può difendere la madre dalle critiche provenienti da amici o parenti; può aiutare a calmare il bambino agitato; può semplicemente portare qualcosa da bere o da mangiare alla mamma mentre allatta e, cosa ancora più importante, può ricordare alla neo-mamma che allattare è la cosa più importante che possa fare per avviare nel modo migliore la crescita del loro bambino. 

Nelle prime settimane specialmente, un padre che suggerisce di “provarci ancora una volta” o che ricorda alla sua compagna che esistono falsi miti e il percorso è soggettivo, risulta di grandissimo aiuto. Un papà che sistema i cuscini per permettere alla mamma di allattare meglio il bambino o che le porta il telefono 

per incoraggiarla a chiamare la sua Consulente LLL2 (La Leche League) o IBCLC3 (International Board Certified Lactation Consultant), sta davvero facendo la sua parte per nutrire il figlio. Il ruolo del padre, specialmente nei primi mesi, è anche un ruolo di sostegno e di accudimento della madre, così che lei possa a sua volta concentrarsi sull’accudimento del bambino. 

Un ruolo e una competenza quella del padre che va a sostenere attivamente il processo di crescita della triade e la relazione con il neonato, aiutando inoltre ad incrementare la stima genitoriale di sé e della madre, l’autoefficacia e l’autodeterminazione. 

di Francesca Lopez

Tags:

Richiedi informazioni sui nostri corsi e servizi: