Per illustrare la nascita del programma di Mindfulness Based Childbirth and Parenting, abbreviato in protocollo MBCP, è necessario parlare di un’altra immensa figura femminile che ha illuminato il cammino di moltissime mamme negli ultimi 30 anni: Nancy Bardacke.
Laureata in Antropologia, decide di cambiare rotta e formarsi come infermiera e poi come ostetrica. Negli anni ’90 si forma come allieva di Kabat-Zinn per insegnare Mindfulness Based Stress Reduction, e lo fa per molto tempo, ma inizia a concepire una visione che adatta le pratiche meditative alle esigenze delle donne e delle famiglie in attesa.
Dal protocollo MBCP alla Mindfulness in gravidanza
Questa elaborazione ha un tempo lento, così come lentamente nella meditazione arrivano gli insight che diventano la nostra guida. Dà voce a quel sapere profondo che proviene solo dal contatto con sé stessi, nel silenzio dei pensieri, seguendo il sentiero dell’intuizione.
Tutto inizia un po’ come un “esperimento” e i primi corsi si tengono a partire dal 1998, nel salotto di casa di Nancy a Oakland. Famiglia dopo famiglia questo programma prende forma, cambiando la vita di più di 1500 genitori americani. Poi il lavoro di Nancy, pubblicato nel libro “Mindfulness in gravidanza” (Mindful Birthing), è tradotto in moltissime lingue ed esce dai confini statunitensi.
A “guardare le spalle” e sostenerla, sempre, dagli inizi alla creazione della MBCP Foundation, Nancy può contare sul suo Maestro, Jon Kabat Zinn che, non a caso, ha scritto la prefazione del libro. Mettendo in risalto il suo talento naturale nel sostenere le donne, Kabat Zinn ha sempre fatto da portavoce all’intuizione di Nancy.
La capacità di qualunque allievo di rielaborare i contenuti e farli propri al punto da crearne di nuovi, è lo scopo di qualsiasi insegnamento, ma poi di fatto, gli insegnanti che sostengono gli allievi che “camminano con le proprie gambe”, non sono tanti come spereremmo.
Il filo rosso fra Buddismo, Mindfulness e protocollo MBCP
Benchè la mindfulness affondi le sue radici nella tradizione buddhista e questo tipo di meditazione venga praticata in Asia da più di 2500 anni, la capacità di stare nel momento presente e lasciar scorrere i pensieri, senza aggrapparvisi, senza per forza doverli etichettare è già presente nel nostro animo. E’ una skill che già tutti abbiamo, almeno in potenza.
Essendo cambiati il contesto e i ritmi di vita (pensiamo a quanto sono diversi ad esempio fra l’Asia e l’America), magari abbiamo bisogno di rispolverare questa propensione, di esercitarci a saper essere di nuovo, oltre che a saper fare.
Ma per portare la pratica nella nostra vita non c’è bisogno di diventare Buddhisti e trasferirsi in Tibet, possiamo portare la Mindfulness nella nostra vita, nel nostro tempo, nel momento presente ovunque siamo.
Tramite un insieme di strumenti fatti di pratica formale e informale (seduta, distesa, camminata, intenzionale o mentre facciamo “anche altro”), si possono concretamente realizzare i benefici di questa impostazione, lasciando poi, ed è questo il vero fine dell’idea, che la Vita diventi il vero maestro, momento per momento.
D’altronde questo è un fatto, e come tale è “inevitabile”. Fiorire di fronte a ciò che non è noto, è lo scopo di questo approccio. La gravidanza, il parto e la genitorialità ci mettono davanti a una serie di sfide di cui non conosciamo il volto, e stare con questa incertezza, riconciliandosi con essa, e andandole incontro con consapevolezza e chiarezza, insieme al nostro partner, ci permette di coltivare una maggiore gentilezza e cura.
di Russo Valentina