Il lutto perinatale, come accennato in un precedente articolo sulla morte in utero, ha degli aspetti in comune con quest’ultimo ma sfumature diverse, perché avviene dopo la nascita.
Può riguardare casi di bambini con patologie terminali, bambini che necessitano di un intervento chirurgico che però non ha buon esito, bambini gravemente prematuri o piccoli apparentemente sani che purtroppo muoiono nelle prime settimane di vita.
Si tratta di un trauma acuto, anche in quei casi in cui genitori sono preventivamente informati della grave patologia. Non si arriva mai “preparati” al momento del distacco e la speranza che tutto possa comunque procedere per il meglio accompagna i genitori in ogni istante.
La maggior parte delle coppie riferiscono di essersi sentiti sospesi in una dimensione spazio-temporale, in uno stato di impotenza e allo stesso tempo di incrollabile speranza, in bilico tra la vita e la morte.
L’impatto del lutto perinatale sul padre
La letteratura in merito mostra come l’entità di tale evento sia molto vasta anche per il padre che spesso si trova ad essere sovraccaricato di compiti e responsabilità senza riuscire a creare uno spazio intimo, in cui poter affrontare i vissuti personali collegati all’evento luttuoso (Claudia Ravaldi, in La morte in-attesa. Assistenza e sostegno psicologico nel lutto in gravidanza e dopo il parto, 2011).
Ai padri si chiede spesso di stare accanto alla madre, di comunicare alla propria partner le informazioni più delicate, di prendere decisioni rapidamente e di occuparsi delle questioni burocratiche. In questo modo, il padre non è più “insieme” agli operatori ma ne diventa il sostituto tout-court, privandolo così di uno spazio di raccoglimento, a cui affiancare uno spazio per la coppia.
L’impatto sulla relazione
Non bisogna poi dimenticare che la mancata possibilità di elaborare il lutto perinatale rischia di ricadere, nel tempo, anche sul legame tra i partner. Dagli studi condotti in merito emerge, infatti, come la perdita del proprio bambino costituisca un fattore di rischio per la tenuta della relazione, un momento critico che invece di unire i partner, li separa irrimediabilmente fino alla separazione definitiva.
Prendersi cura nel modo più funzionale possibile di queste coppie, aiutandole anche a prendere consapevolezza delle diverse modalità di affrontare il lutto, può invece rappresentare un fattore di protezione per una successiva evoluzione.
Le sei fasi del lutto perinatale
Tendenzialmente, subito dopo la diagnosi, la coppia vive:
- una prima fase di shock che può perdurare diversi giorni e in cui le emozioni più comuni sono rappresentate da stordimento, incredulità, distacco emotivo e negazione;
- Con il passare del tempo la coppia inizia a realizzare ciò che è accaduto con conseguenti vissuti di profonda tristezza e senso di colpa;
- La terza è una fase di protesta: in questo caso l’emozione principale è la rabbia, accompagnata da sentimenti di ingiustizia, rammarico e ricerca delle colpe. Sintomi comuni sono insonnia, incubi e flash back;
- La quarta è quella della disorganizzazione: caratterizzata invece da depressione, solitudine ed evitamento di situazioni che hanno a che fare con la genitorialità. Si sottraggono dal frequentare altre coppie con bambini o guardare film/programmi Tv con manifesti richiami alla genitorialità e alla nascita;
- Nel caso in cui il lutto non si orienti verso risvolti psicopatologici, la coppia va incontro ad una quinta fase: riorganizzazione e accettazione. In questo periodo avviene un’apertura verso le proprie emozioni, si ricerca un supporto e nascono nuovi interessi;
- Sesta ed ultima fase: l’esperienza viene integrata nella propria autobiografia e può affacciarsi nella mente della coppia il desiderio di diventare nuovamente genitori di un’altra vita.
Ovviamente l’esperienza del lutto si farà sentire in modi diversi anche dopo l’ultima fase, attraverso l’angoscia di un eventuale una nuova perdita e il senso di colpa legato al sentire che la vita sta andando avanti. Come se immaginare un nuovo bambino possa tradire o negare l’esistenza di chi non c’è più.
Gli operatori sanitari e il lutto perinatale
E’ evidente come i vissuti psicoemotivi che si respirano in queste stanze di ospedale, in cui il miracolo della vita si trasforma all’improvviso in morte in-attesa, siano particolarmente profondi, intimi e laceranti.
In questo grande universo di emozioni si muovono anche gli operatori sanitari. Il carico emotivo che pesa su di loro è enorme, la relazione con il bambino e con i genitori rischia di essere così coinvolgente da richiedere spesso un distacco forzato. Quindi l’attivazione di meccanismi di difesa necessari a preservare se stessi dall’impatto di tali eventi.
Quando muore un bambino, in modo improvviso o meno, il lavoro degli operatori deve dividersi tra l’assistenza a tutti gli altri pazienti presenti e la vicinanza e cura dei genitori che stanno affrontando l’evento luttuoso e che con cui, in molti casi, hanno condiviso a lungo il percorso della gravidanza. Perciò sarebbe necessaria una suddivisione interna dei compiti e soprattutto una turnazione per evitare le insidie del burn out.
L’attenzione alla cura e al benessere degli operatori risulta, dunque, cruciale per promuovere il benessere psicosociale di chiunque debba affrontare un lutto in gravidanza o subito dopo la nascita. E’ fondamentale un lavoro sinergico affinché gli operatori sanitari abbiano gli strumenti per la gestione del lutto, con un focus sui bisogni della persona nel qui e ora.
di Vitaro Rossella