Quando il bambino impara a mangiare

Numerose ricerche provano come il sistema digerente – riflessi di masticazione, deglutizione, apparato intestinale, enzimi digestivi e funzioni renali – raggiunga, in genere, la maturazione necessaria per affrontare cibi diversi dal latte soltanto nel secondo semestre di vita.

Se si spinge il bambino ad altri alimenti nei primi mesi, il suo organismo precocemente stimolato imparerà ad adattarsi alla nuova situazione, ma rimane una forzatura che potrebbe portare a delle conseguenze. Studi scientifici suggeriscono infatti che uno svezzamento troppo precoce sia a sua volta correlato con un aumento di rischio di obesità.

Anche dopo la metà del primo anno, e per il tempo in cui prosegue l’allattamento, il latte materno continua a possedere tutti i preziosi elementi – proteine, acidi grassi, sostanze oligominerali, enzimi, fattori di crescita, ormoni e anticorpi – che aveva nei primi mesi. Ma le crescenti necessità del bambino richiedono che tale apporto venga progressivamente integrato con altri alimenti.

Il bambino impara a mangiare

Lo svezzamento è il percorso evolutivo, naturale in tutti i bambini, che comincia con il primo assaggio di un cibo diverso dal latte materno. Procede con la progressiva acquisizione della capacità di nutrirsi con una sempre più ampia gamma di alimenti ed è seguita dal graduale abbandono dell’allattamento, per una dieta simile a quella degli altri componenti della famiglia.

Svezzamento o divezzamento letteralmente significano “togliere un’abitudine, un vizio, un vezzo”. Il latte materno non è certo un capriccio, ecco perché molti pediatri preferisce utilizzare l’espressione “introduzione di cibi complementari”.

Per un certo periodo, a partire dal sesto mese, il latte della mamma – o latte adattato – e le prime pappe convivranno nella dieta del bambino. È probabile che, nelle settimane iniziali, i cibi che noi siamo abituati a considerare “principali” saranno, invece “complementari”, cioè aggiuntivi rispetto al latte materno, che continuerà a essere presente.

La conquista della capacità di nutrirsi autonomamente è una trasformazione continua e graduale del modo di alimentarsi, passando da una dieta di solo latte – materno o artificiale – ad una complementare – latte ed altri cibi liquidi, semi-solidi, solidi – ed infine ad una dieta simile a quella degli adulti.

Le linee guida dell’OMS

Il modo migliore per svezzare è agire nel rispetto dei bisogni e dei gusti del bambino. L’OMS suggerisce infatti di praticare il cosiddetto responsive feeding – nutrire sulla base della risposta del bambino -. In particolare, il documento congiunto prodotto da OMS, UNICEF e Pan American Health Organization sostiene che sia opportuno:

  • Nutrire direttamente i neonati e limitarsi ad assistere i bambini più grandi al momento del pasto, rispettando i loro stimoli di fame e sazietà;
  • Nutrire lentamente e con pazienza. Incoraggiare i bambini a mangiare, ma senza forzarli;
  • Se i bambini rifiutano tanti cibi, sperimentare diverse combinazioni, sapori e consistenze;
  • Ridurre al minimo le distrazioni durante i pasti;
  • Ricordare che il tempo dedicato all’alimentazione è un tempo di apprendimento e di mutuo scambio d’amore: parlate ai bambini mentre li nutrite e guardateli negli occhi.

Il bambino impara a mangiare anche da solo e alcune persone lo preferiscono: si tratta di una pratica chiamata “autosvezzamento”, che consiste nel lasciare che i bambini scelgano da soli i primi cibi da assaporare, sulla base del loro gusto. A partire dai sei mesi, il neonato mangia a tavola insieme agli altri, scegliendo sul tavolo quanto lo incuriosisce.

Ogni neonato ha un suo modo di adattarsi all’introduzione dei cibi: alcuni sono curiosi e sperimentano senza problemi, altri hanno difficoltà a lasciar andare il latte materno, altri accettano solo creme e pappe. Noi genitori dobbiamo rispettare le loro esigenze e cercare di sostenerli in questa scoperta del mondo, ricordando sempre che sta a noi educarli a scegliere ciò che è buono per loro. Questo perché il periodo che va dalla nascita ai due anni di età è una “finestra critica” per la promozione della crescita ottimale, della salute e dello sviluppo comportamentale dei bambini.

di Sara Ayache

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